Le Origini delle Ricadute nella Dipendenza da Eroina

Vincere sulla dipendenza da eroina è possibile, se si è disposti a confrontarsi con il problema a 360 gradi, senza scuse o giustificazioni. Ci sono tre ragioni principali per cui chi dipendeva da eroina può ricadere nel suo uso:

  1. il desiderio ossessivo (fisico o mentale);

  2. la depressione;

  3. il senso di colpa, associato alla degradazione morale e alla disonestà che possono entrare a far parte dello stile di vita di chi fa uso di sostanze tossiche.

Tali manifestazioni possono perseguitare per anni una persona tornata sobria e assai spesso innescano una ricaduta, se ignorate.

La prima barriera verso un recupero effettivo dalla dipendenza da eroina è il desiderio ossessivo, fisico o mentale, verso questa sostanza e gli effetti che essa provoca nel corpo e la mente della persona.

L’eroina, sintetizzata e filtrata nell’organismo attraverso il fegato, produce delle sostanze di scarto dette metaboliti. Questi metaboliti, a base proteica, vanno a cercarsi uno spazio tra i grassi dell’organismo di una persona e lo trovano.

Chiunque abbia usato eroina, poi, ha una registrazione mentale completa di quella esperienza di vita. Non importa se belle o brutte, felici o tristi, tutte le emozioni e le sensazioni presenti al momento introduzione della sostanza nel proprio organismo sono archiviate nella memoria della persona. Anche quando la persona è “priva di sensi”, l’esperienza è tuttavia registrata nella sua mente.

Esiste una relazione chiave tra i “metaboliti di eroina” ed “esperienze del passato con eroina”. I metaboliti residui dell’eroina sono il collegamento fisico dell’organismo con le esperienze passate in cui fu consumata.

L’organismo metabolizza e brucia grasso quando una persona sperimenta una situazione che genera un aumento del battito cardiaco. Sono molte le condizioni in cui una tale situazione si può verificare: lo stress, ad esempio, così come lo sforzo o le emozioni forti. Chiunque sperimenta situazioni del genere, più o meno spesso.

Quando una persona sperimenta una situazione del genere, il suo battito cardiaco accelera e l’organismo inizia a bruciare grasso, per metabolizzarlo. Il grasso mobilizzato può contenere le tossine e i metaboliti dell’eroina immagazzinati in seguito ed esperienze personali precedenti. Non appena il grasso è utilizzato per produrre energia, i metaboliti della tossina dell’eroina vengono liberati nella circolazione del sangue. Il metabolita è un sottoprodotto dell’eroina ed è connesso alla memoria dell’esperienza di vita in cui l’eroina era stata assunta.

La tossina trova così una via per tornare in circolazione con il flusso del sangue ed agisce come “richiamo”, sia fisico e sia mentale, del consumo passato di eroina. Inoltre fa da “richiamo” per le sensazioni che una persona aveva provato dopo aver assunto eroina.

Così si innesca o si “re-stimola” una memoria fisica indesiderata ed incontrollabile, riaccendendo anche memorie delle sensazioni, emozioni, pensieri ed atteggiamenti connessi alla precedente esperienza di assunzione di eroina, per cui la persona che è effetto di questa situazione “rievoca”, più inconsapevolmente che no, sensazioni, emozioni e modo di pensare di quando era originariamente effetto dell’eroina. Adesso, l’ex dipendente è spinto a ricadere nell’uso di sostanze, sotto l’influenza di questa condizione che ha scatenato “memorie” di precedenti assunzioni.

Questa incontrollabile pulsione ossessiva all’uso continuo eroina è causata in parte dall’interazione della sostanza tossica con reazioni chimiche naturali dell’organismo. Alcune di queste reazioni naturali agiscono come un sistema di ricompense, incorporato nell’organismo, che ci spingono a mangiare, a muoverci, a procreare, ecc.

La seconda barriera è costituita dalla depressione. In chi fa uso di eroina, la depressione ha due sorgenti distinte. Innanzitutto osserviamo lo squilibrio chimico provocato dall’uso di eroina. L’eroina nell’organismo inibisce la produzione naturale di sostanze chimiche e, a volte, la sostituiscono. Questi fenomeni si scontrano con il “sistema automatico di ricompensa” dell’organismo, che ci fa provare la sensazione di benessere o ci aiuta a eliminare il dolore, ad esempio, dopo una ferita.

Questo aspetto biofisico dello squilibrio chimico presente in chi usa sostanze tossiche è generato dalle carenze alimentari che sono il risultato dell’uso abituale di eroina. Nella maggior parte dei casi, infatti, la depressione segue (e non precede) l’abbandono della sostanza tossica da parte di chi ne faceva uso.

Un’altra causa estremamente reale della depressione è il declino della qualità della vita di chi usa sostanze tossiche. Questo include il declino della propria salute.

Quando una persona inizia a sviluppare la dipendenza da eroina, il cervello e l’organismo iniziano a identificare questa sostanza tossica come un aiuto che migliora o sostituisce la produzione della neurochimica naturale. Quando poi la persona inizia ad usare l’eroina regolarmente, l’organismo deve consumare le sue riserve di sostanze chimiche, fino a che non riesce più a rimpiazzarle. Gradualmente, inizia ad impoverirsi di alimenti chiave e di aminoacidi.

Gli aminoacidi sono la sostanza fondamentale dei neurotrasmettitori, la base della neurochimica naturale dell’organismo. Queste carenze nutrizionali impediscono all’organismo di ricevere i segnali necessari alla produzione dei composti chimici naturali necessari. Il cervello viene ingannato, poiché inizia a identificare l’eroina come un aiuto alla produzione o un sostituto dei composti chimici naturali.

Questo circolo vizioso genera nel tossicodipendente da eroina l’incontrollabile pulsione ossessiva all’uso continuo di tale sostanza. Una pulsione del genere può diventare talmente forte, sia nel tossicodipendente come nell’ex tossicodipendente, che il desiderio di usare ancora più eroina supera la paura delle conseguenze negative, e a volte mortali, che si possono verificare quotidianamente.

L’eroina, erroneamente interpretata come un aiuto alle sensazioni piacevoli generate dalla neurochimica naturale, è in realtà un inibitore dell’organismo nella creazione dei neurotrasmettitori. L’uso quotidiano di tale sostanza rende sempre più difficile sentirsi bene o “normali”, una volta terminato l’effetto, mentre aumenta la necessità di usarne ancora ed in quantità maggiore.

La terza barriera è costituita dai sensi di colpa. La maggior parte dei tossicodipendenti, prima di diventare tali, erano sostanzialmente delle brave persone, capaci di distinguere ciò che è giusto o sbagliato e prive d’intenzioni di nuocere agli altri. Quando iniziano a dipendere da alcool, droghe o da altre sostanze tossiche, iniziano a dire ed a dare cose che, in fondo, sanno non sono giuste. Perdono la capacità di controllarsi.

Si intrappolano nel circolo vizioso della dipendenza e mentono al riguardo; magari rubano o commettono altre azioni riprovevoli per potersi permettere un uso ulteriore di sostanza. Il tossicodipendente accumula memorie di queste esperienze negative, una dopo l’altra. Commette un’azione distruttiva e registra il ricordo di quel momento, incluse le persone coinvolte, in un modo o nell’altro, con quell’episodio. Sa che queste azioni sono negative e quindi, dopo averle commesse, ne risente. Queste memorie di colpa si riaccendono, quando chi era in quegli episodi è presente o dove quelle azioni erano state commesse, facendolo stare male.

Col tempo, il tossicodipendente commette ancora più trasgressioni e la gente che le ha subite e gli sta intorno, senza saperlo, diventa la molla che fa scattare queste memorie di azioni disoneste. Cioè, quando un genitore, un familiare o un amico appaiono in sua presenza, fanno scattare automaticamente questi sensi di colpa. Costoro non devono nemmeno dire una parola. La loro vista è sufficiente a scatenare la colpa.

Il modo più facile per evitare questi spiacevoli sensi di colpa e, per il tossicodipendente, quello di usare ancora più sostanza tossica, così da isolarsi da queste sensazioni. Lo stordimento procurato dalla sostanza sembra un’opzione accettabile. Via via che si stordisce sempre più davanti alle sue proprie sensazioni, alla gente che lo circonda ed al loro atteggiamento nei suoi confronti, il tossicodipendente inizia a ritirarsi da loro. Più trasgressioni commette e più si ritira, fino ad essere completamente isolato dalla famiglia. A quel punto se ne andrà o si estranierà completamente dal contesto in cui vive. Durante questo processo, dimostrerà certamente antagonismo nei confronti di chi amava e questo comportamento è parte del processo di estraniarsi da loro. Questa è la trappola.

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